Stirare? Per Philips Azur è assolutamente divertente! 
giovedì, 4 ottobre, 2012, 16:40 - Generale


Realizzare una pubblicità non è cosa semplice, soprattutto se bisogna pubblicizzare un prodotto scomodo per milioni di donne: il ferro da stiro.

Philips Russia ha saputo però rendere l’arte della stiratura qualcosa di creativo e appassionante. Per pubblicizzare il nuovo ferro da stiro Philips Azur, l’azienda si è affidata all’agenzia DDB di Mosca e agli studi di produzione Yarche e Carioca Studio.

In questo spot, stirare diventa arte: si vede infatti un ragazzo che utilizza il ferro da stiro per raggrinzire un lenzuolo bianco ricreando delle celebri opere d’arte. Vediamo riprodotte dapprima La ragazza con l’orecchino di perla di Jan Vermeer; l’Autoritratto con orecchio bendato e pipa di Vincent Van Gogh e un Autoritratto di Rembrandt.

Questo spot è un esempio indubbiamente efficace di pubblicità inversa, ovvero di pubblicità che utilizzano metaforicamente delle casistiche opposte alle abitudini che siamo soliti a vivere (o a vedere). In questo caso “i contrari” li individuiamo in due cose: la prima è che la persona che stira è un uomo e non una donna, mentre la seconda è quella dello “sconvolgimento” dell’arte dello stirare – il lenzuolo è già stirato, il ragazzo lo sta raggrinzendo secondo le linee dei dipinti.

Solitamente questa tecnica pubblicitaria riesce ad essere efficace solo in casi particolari. Per questo motivo non viene utilizzata molto spesso, anche se sembra proprio che questo spot sia una brillante riprova del fatto che creatività e riferimenti colti possono portare a risultati soddisfacenti.

Vi è venuta voglia di improvvisarvi casalinghe?
  |  [ 0 trackbacks ]   |  permalink
Social network: lo sapevate dell’esistenza dei cloni di facebook? 
mercoledì, 3 ottobre, 2012, 15:38 - Social networks


Ormai si sa che l’Asia e il Medio Oriente sono i nuovi mercati sui quali gli investitori devono puntare capitali e risorse; quello che è un po’ meno noto è che queste aree stanno anche diventando digitalmente molto avanzate.

Di ciò ne è sicuramente al corrente Mark Zuckerberg, cofondatore e amministratore di facebook, social network leader in 126 paesi su 137 (per un totale di 955 milioni di utenti attivi nel mondo), che proprio in questi giorni si trova a Mosca a caccia di cervelli da portare con lui nella Silicon Valley.

Proprio in Russia il diretto avversario di facebook è un social network identico in tutto e per tutto al nostro amato faccialibro: VKontakte, che conta 130 milioni di utenti sparsi nell’area delle ex repubbliche sovietiche, di cui 40 milioni solo in Russia.

VKontakte, fondato nel 2006 da una rete sociale di studenti, oggi in Russia è il primo sito in classifica, primo anche su facebook.

Un’altra curiosità sui new media arriva dall’Iran: il governo iraniano ha recentemente reso inaccessibili il motore di ricerca Google e Gmail, perché ormai si è prossimi al lancio del nuovo browser Halal, che sarà operativo solo per i siti che rispecchiano i valori islamici, intentando senza mezzi termini una guerra fredda alla cultura occidentale.

La nuova rete nazionale, il cui lancio collegherà fra loro ministeri, agenzie governative, laboratori di ricerca nucleari, spaventa il sistema occidentale non solo per la prospettiva di isolamento di una nazione ma anche perché l’Iran acquisterà tutto il diritto di far circolare all’interno del proprio paese ciò che il suo governo decide.

David Baer, segretario assistente del dipartimento di stato Usa per i diritti umani e il lavoro, sostiene che “quando un paese si separa dal web, non sono solo i suoi cittadini a soffrirne, ma tutti; il timore è che il processo di disgregazione del web sia appena iniziato e che l’esempio iraniano dia il via a una reazione a catena, difficilmente contenibile, che porti all’uscita dal web degli altri stati a rischio, come Russia, Corea del Nord, Cina, Bolivia e Venezuela”.

Mentre da una parte ci sono paesi che costruiscono un solido embargo cibernetico, ce ne sono altri che su questo frangente scricchiolano: la Cina, forte del suo Great China Firewall, registra la penetrazione dei suoi utenti informatici su Facebook, lasciando indietro Mixi, social network il cui acronimo rimanda alla combinazione delle parole inglesi mix e I, e che fa riferimento all’idea che un utente I si mescoli con il mix, gli altri utenti della piattaforma.

Tutte queste realtà ci fanno capire che dietro all’apparente predominanza sul web di Google, Twitter e facebook, ci sono anche altre realtà in crescita e che paesi dell’area mediorientale o dell’Asia (dove, in quest’ultima, gli utenti iscritti a facebook sono 246 milioni ovvero quasi l’ ¼ di tutti gli utenti attivi su facebook), sono senza dubbio il futuro nel quale cresceranno nuove tecnologie e investimenti pubblicitari.

Basti pensare che solo per l’arrivo di Halal, società come Google, Apple, facebook e Twitter si troveranno a perdere improvvisamente circa 11-15 milioni di internauti iraniani, con le ovvie ripercussioni economiche su utenti e proventi pubblicitari.

Avete capito dove investire i vostri soldi?
  |  [ 0 trackbacks ]   |  permalink
Carne umana in vendita al supermercato 
martedì, 2 ottobre, 2012, 14:31 - Guerrilla marketing


Accade tra i banchi dello Smithfields Market di Londra, dove l’uscita della sesta edizione del videogame Resident Evil è stata anticipata lo scorso 29 settembre al banco di una macelleria.

Non ho idea se qualcuno sia tornato a casa con costolette umane, mani o piedi, l’idea non è comunque nuova ai nostri occhi, già nel 2008 ci pensarono i promotori di Dexter a realizzare qualcosa di molto simile.
  |  [ 0 trackbacks ]   |  permalink
Ma in che lingua Twitti? 
lunedì, 1 ottobre, 2012, 13:57 - Social networks


Un tempo si era soliti chiedere “Ma in che lingua parli?” intendendo con queste parole che quanto detto o scritto non era comprensibile all’ascoltatore.
Ebbene, oggi potremmo a giusto titolo modificare la frase in “Ma in che lingua Twitti?”

Oggi i Social networks fungono da termometro della salute della società e delle sue abitudini, tant’è vero che si parla spesso di “misurare l’umore” degli utenti della rete sulla base di ciò che scrivono o pubblicano.
Per quanto riguarda Twitter, stretto parente degli SMS per la necessaria brevità dei messaggi che consente di pubblicare, l’ago della bussola sta però pericolosamente andando verso la deriva grammaticale e sintattica.

Non soltanto le preposizioni vengono per brevità (com’è consuetudine tra i più giovani) sostituite dai corrispondenti simboli matematici ma via via – ad esempio – gli accenti si sono tristemente perduti lungo la strada, in compagnia dei tempi verbali corretti (il congiuntivo, questo sconosciuto…) e degli avverbi al posto giusto.

Certo, i ”twoosh’ (ovvero i 140 caratteri al massimo che compongono un tweet) non consentono di comporre una nuova Divina Commedia ma quando anche il senso della comunicazione si perde viene da chiedersi se non valga la pena di riflettere un attimo in più se quanto stiamo pubblicando risulti comprensibile.

Non a caso, credo, le persone non più giovanissime faticano a familiarizzare con un mondo digitale che riflette come uno specchio una società in perenne corsa, che per l’ansia di comunicare in fretta rischia di non comunicare affatto.
Per chi era abituato alla lettura di un buon libro o di una rivista può risultare congestionato il susseguirsi dei tweets che si aggiornano a tempo di record, senza permettere al navigatore di fare il punto della situazione.
  |  [ 0 trackbacks ]   |  permalink
Global warming 
domenica, 30 settembre, 2012, 19:52 - Guerrilla marketing

  |  [ 0 trackbacks ]   |  permalink

Indietro Altre notizie