Come sono cambiati i modelli di business delle aziende del multimedia 
giovedì, 31 maggio, 2012, 08:59 - Generale


Non sempre le aziende accolgono positivamente le innovazioni e i possibili benefici economici che ne possono derivare.

L’affermazione di internet non ha cambiato soltanto il modo in cui le persone fruiscono di contenuti che prima erano accessibili solo attraverso supporti fisici, ma ha rappresentato anche un elemento di rivoluzione dei meccanismi con cui le aziende del multimedia riescono a fare profitti.

In moltissimi casi si è verificata la stessa trama: un cambiamento improvviso mette a disposizione della gente una nuova tecnologia e un nuovo modo di ottenere musica, video e libri. A tale cambiamento le aziende del settore colpito dall’innovazione reagiscono con tutto il loro potere per avversare la novità, che improvvisamente mette a rischio i loro profitti. Infine le aziende trovano il modo di beneficiare esse stesse dell’innovazione e modificano i loro modelli di business.

Il caso Napster

Lanciato sul mercato nel 1999, Napster ha rappresentato il primo sistema di file sharing a raggiungere una diffusione mondiale considerevole e ha permesso la condivisione di milioni di contenuti multimediali tra gli utenti che ne facevano uso.



L’affermazione di internet non ha cambiato soltanto il modo in cui le persone fruiscono di contenuti che prima erano accessibili solo attraverso supporti fisici, ma ha rappresentato anche un elemento di rivoluzione dei meccanismi con cui le aziende del multimedia riescono a fare profitti.

In moltissimi casi si è verificata la stessa trama: un cambiamento improvviso mette a disposizione della gente una nuova tecnologia e un nuovo modo di ottenere musica, video e libri. A tale cambiamento le aziende del settore colpito dall’innovazione reagiscono con tutto il loro potere per avversare la novità, che improvvisamente mette a rischio i loro profitti. Infine le aziende trovano il modo di beneficiare esse stesse dell’innovazione e modificano i loro modelli di business.
Il caso Napster

Lanciato sul mercato nel 1999, Napster ha rappresentato il primo sistema di file sharing a raggiungere una diffusione mondiale considerevole e ha permesso la condivisione di milioni di contenuti multimediali tra gli utenti che ne facevano uso.

I founder di Napster: Shawn Fanning e Sean Parker

Napster fu costretto a chiudere nel 2001 per violazione del copyright, per la gioia delle major discografiche che lo avevano combattutto aspramente.
Tuttavia il file sharing non è mai tramontato e altri sistemi hanno soppiantato il capostipite Napster, consentendo agli utenti di continuare a condividere file protetti da copyright e non.

Qualche anno più tardi le case discografiche capirono che poiché non avrebbero mai debellato il file sharing, allora potevano sfruttarne le logiche e cominciarono a proporre contenuti per il download, in primis su iTunes che tuttora riscuote un enorme successo planetario.

Il caso YouTube

La celebre piattaforma di condivisione video ha da pochi giorni compiuto 7 anni e rappresenta attualmente un sistema al quale fanno ricorso sia gli utenti che le aziende (case discografiche, emittenti televisive, giornali) per proporre e promuovere video di svariate categorie.

A partire dal 2005, anno di fondazione, YouTube ha goduto di una crescita esponenziale che inizialmente provocò il risentimento di molte aziende i cui contenuti venivano condivisi sul web senza autorizzazione. Paradossalmente più le aziende facevano la guerra a YouTube e più quest’ultimo cresceva e si diffondeva a grande velocità.



Tutto ciò continuò finché le aziende capirono che invece di fare la guerra potevano fare soldi e l’affermazione di Sean McManus, l’allora presidente di CBS News, la dice lunga su tutta questa storia: “Attualmente credo che più questi video ci mettono in evidenza, meglio è per CBS News e tutto il network televisivo CBS, quindi, col senno di poi, avremmo dovuto accettare la pubblicità e tenerci strette le attenzioni che la CBS riceveva, invece di perseguire orizzonti limitati e dire: Eliminiamoli!”

Poco dopo, nel 2006, Google annunciò l’acquisizione di YouTube che oggi è il terzo sito più visitato al mondo e che per molte aziende del settore è diventato una vera macchina da soldi.
Il caso Amazon

Quella di Amazon è fortunatamente una storia diversa, rispetto ai due casi precedenti, di come sono cambiati i modelli di business.
Il gigante dei libri, quando la digitalizzazione dei contenuti ha iniziato a fare prepotentemente capolino ha tentato di cogliere da subito l’opportunità invece di vedere il cambiamento come una minaccia e infatti nel 2009 fu proposto al mercato internazionale l’Amazon Kindle, uno dei primissimi eBook reader.

Amazon ha creduto molto fin da subito nei libri in formato elettronico e ha continuato a investire tante risorse nei suoi dispositivi Kindle e nell’ampliare la sua offerta di libri digitali, fino al maggio 2011 quando le vendite di eBook hanno superato quelle dei libri cartacei.



Un’ulteriore cambiamento al suo modello di business, e provocazione ai produttori di hardware, Amazon l’ha portata avanti con lo sviluppo e il lancio del Kindle Fire, dispositivo basato su Android e che utilizza un account Amazon per funzionare.
Con questo colpo Amazon sembra aver segnato l’inizio di un epoca in cui l’hardware (venduto sottocosto) si traduce in semplice commodity e il volano del profitto diventa il contenuto acquistabile tramite di esso.
Conclusioni

Quello che la storia sembra voler affermare è che le aziende che vincono la sfida sono quelle che di fronte ai cambiamenti radicali si mettono in gioco e ridisegnano i loro modelli di business per trarne un beneficio, piuttosto che perdere tempo e denaro a lottare contro un cambiamento irreversibile.

L’augurio è che queste storie possano insegnare a vedere un’opportunità in ogni apparente difficoltà e che avversare il cambiamento non è, quasi mai, la strada giusta da percorrere.
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A construção de marca na era digital 
mercoledì, 30 maggio, 2012, 10:32 - Generale


Convergência de mídia, comunicação por conteúdo e o diálogo entre marca e público são as novas fronteiras para agências e anunciantes.

Já é uma tradição. Aos sábados, o apresentador Rodrigo Faro se acomoda no sofá para assistir O Melhor do Brasil, semanal que comanda na grade da Record. De um lado, um tablet com a audiência da atração em tempo real. De outro, mais um tablet, este conectado nas mídias sociais para acompanhar as reações do público.

Essa cena exemplifica bem como a tecnologia impactou a relação entre audiência e mídia, e como agências e anunciantes têm que se desdobrar para atrair a atenção dos consumidores. “A evolução da tecnologia mudou o eixo do poder, que começa a passar para as mãos do consumidor. A fragmentação da mídia acabou com a comunicação unidirecional e trouxe a 360°. Agora, temos que pensar na comunicação 360 dias”, afirma Alexandre Hohagen, vice-presidente do Facebook América Latina.

Este foi o pano de fundo da comissão Novos caminhos para criar e fortalecer marcas, do V Congresso da Indústria da Comunicação. Segundo Marco Simões, vice-presidente de comunicação e sustentabilidade da Coca Cola e presidente da comissão, existem três grandes tendências no mercado a serem analisadas: a convergência das mídias, a comunicação por conteúdo e o fim da comunicação unidirecional.

“A mídia era o grande peixe e hoje todas as pessoas e marcas são mídia. O que muda é o conteúdo. Somos vendedores e nunca antes tivemos tantas ferramentas e tecnologia para vender, com arte ou não, e tornar as marcas mais próximas do público”, salienta Marcello Serpa, sócio e diretor da AlmapBBDO. “Convergência, conteúdo e diálogo são as três palavras-chaves que têm ajudado a Nissan”, diz Murilo Moreno, vice-presidente de marketing da Nissan.
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5 motivi per curare la qualità di immagini e foto online [infografica] 
mercoledì, 30 maggio, 2012, 08:30 - Generale


E’ questa più di ogni altra l’età della Visual Culture (Jeff Bullas docet), in cui le immagini comunicano e girano più fluide delle parole. Un flusso costante di narrazioni costruite in un momento storico in cui “in ogni tasca c’è una camera”. Non è questa una buona ragione per adottare le immagini anche in modo permanente nella propria comunicazione quotidiana?

Basta un iPhone, un iPad, un qualsiasi smartphone, per cogliere una particolare immagine della nostra realtà che in qualche modo ci ha colpito e crediamo sia d’interesse per la nostra cerchia di amici presenti su Twitter, Instagram e Facebook (è ancora presto per Pinterest).

Ci sono diversi esempi di influencer della rete, appartenenti a differenti sfere d’interesse, che hanno improntato la propria comunicazione sull’utilizzo di foto e immagini di qualità. Uno dei primi che mi piace citare in questi casi è Jamie Oliver un “celebrity chef” britannico, eroe della Food Revolution negli States, che ha un audience di ben 412,000 follower su Instagram.

In ambito nazionale, ci sono due esempi che a mio parere vale la pena seguire quotidianamente e da cui è possibile imparare (senza emulare). Parlo di Viralmente e Shot.
Il primo tra Facebook e Twitter raccoglie un seguito di circa 25,000 persone, protagonista di una comunicazione rapida ed essenziale ma di altissima qualità. Shot segue con 8,000 e c’è da giurare che cresceranno in modo esponenziale in tempi brevi.

Le foto sono diventate il linguaggio universale. E i tassi di crescita di Facebook, Twitter, Tumblr e Pinterest pertanto non sorprendo più. Arriviamo però al nocciolo del post.

Perché utilizzare immagini e foto nella nostra content mangament strategy?

Qualsiasi tipo di brand vi troviate a dover gestire in rete, si tratti di un online store, un e-commerce, un blog di marketing e comunicazione, un foodblog, ci sono almeno 5 importanti ragioni per curare al meglio la qualità delle immagini con cui comunicate online:

#1 Articoli che contengono immagini di qualità ricevono il 94% in più di visite totali
#2 Includere una foto o un video nei comunicati stampa incrementa le visite oltre il 45%
#3 Il 60% di consumatori risulta più propenso a contattare direttamente un brand se questo si presenta con immagini nelle pagine dei motori di ricerca;
#4 Per un e-commerce la qualità delle foto/immagini con cui vengono presentati i prodotti vengono ritenute fondamentali per la scelta/acquisto dal 67% dei visitatori dello stesso sito
#5 In generale, per gli store online, i consumatori ritengono che la qualità delle immagini siano perfino più importanti di tutto il dettaglio delle informazioni si possa offrire (circa 63%). Sempre in ordine di importanza seguono una lunga descrizione (54%), i rating e i feedback (53%)
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Stride gum e il gaming banner assurdamente lungo! 
martedì, 29 maggio, 2012, 09:14 - Generale


Stride gum è un famoso brand americano di gomme da masticare creato da Cadbury. Il claim del prodotto è spiritoso e immediato: “il chewingum ha un gusto assurdamente lungo”. Per comunicare questo valore aggiunto ai consumatori, Stride Gum, in collaborazione con l’agenzia JWT di New York, ha ideato particolari banner che mettono alla prova la resistenza dell’utente.

Nella competizione interattiva, il giocatore viene sfidato a cliccare il tasto destro del mouse, per più tempo possibile, su un’area predefinita del banner che si muoveva continuamente. Lo scopo di questa prova di pazienza è quello di aggiudicarsi la vincita di 500$ messi in palio da Stride gum. L’iterazione più lunga con il banner è durata 46 minuti 26 secondi, un record assurdamente lungo!

La campagna si è meritata subito un Webby Award. Il gioco ha avuto un’efficacia di 13 volte superiore rispetto ai tradizionali banner e ha generato un click-through rate medio dello 0,9%, quando lo standard del settore è dello 0,07%.

Una strategia vincente, soprattutto considerando il fatto che i consumatori sono sempre più consapevoli delle strategie di marketing utilizzate in rete e riuscire a coinvolgerli diventa sempre più difficile.

I vecchi banner online, considerati annunci da evitare o da chiudere immediatamente, stanno lasciando il posto a banner di nuova generazione in grado di interagire con l’utente che, oltre a divertirsi ha la possibilità di vincere dei simpatici premi.

Quest’inedita combinazione tra pubblicità e gioco denominata gaming banner è una forma di comunicazione online emergente che fa proprio dell’interattività il suo cavallo di battaglia.

E i risultati le danno ragione. La scelta di Stride gum di adottare questa strategia ha generato un numero elevatissimo di click e ha consolidato la brand awareness dell’azienda.

E voi, utilizzereste il gaming banner per sfidare gli utenti a sopportarvi?
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As marcas de moda mais pop da internet 
martedì, 29 maggio, 2012, 09:04 - Generale


Consumidores opinaram sobre marcas 10 categorias; estudo apurou também os shoppings mais lembrados em cinco capitais.

O instituto Qualibest, especializado em pesquisas online no Brasil, divulgou os resultados de um estudo que avaliou quais as marcas ligadas ao mundo da moda mais lembradas na internet. Ao todo, foram avaliadas 10 categorias e, este ano, o instituto também pesquisou qual o shopping center mais popular em cinco capitais.

A Nike venceu nas categorias Tênis, com 40% das menções, e Calçados de forma geral, com 16%, mas vale notar que, entre as mulheres, a Top of Mind é a Arezzo. Calvin Klein liderou na categoria Moda Masculina, com 8% das lembranças. A Marisol está na ponta em Moda Infantil, tanto no masculino, com os 8% de lembrança para Tigor T. Tigre, e feminina, com 21% de lembrança para Lilica Ripilica. Em óculos de sol, a Ray-Ban lidera com 32% das menções; e quando o assunto é perfume, O Boticário é marca mais lembrada por 35% dos pesquisados (e o índice aumenta para 40% na classe C), em segundo, vem a Natura, com 12%. Os Produtos de Luxo mais citados por homens foram Ferrari (11%) e entre as mulheres ficaram empatadas Chanel e Louis Vuitton (7% e 6%, respectivamente). Já em Bolsas, dividem a liderança Louis Vuitton (10%) e Victor Hugo (9%).A C&A é a Loja de Departamento mais lembrada (20% do total), seguida pela Renner (15%). Mas em Moda Jovem C&A e Hering empatam, com menções respectivas de 6% e 5%. Por fim, a Teka é a marca líder na categoria Cama, Mesa e Banho, com 29% das citações.

O shopping mais lembrado da capital paulista é o Center Norte, que teve 7% das lembranças espontâneas; no Rio de Janeiro houve empate entre Norte Shopping (19%) e Barra Shopping (17%). Na Bahia, o Iguatemi teve 46% das citações e em Pernambuco, o Shopping Recife foi o mais lembrado por 52% dos internautas. No Ceará, o Shopping Iguatemi, de Fortaleza, impera na mente do internauta e foi citado por 61% dos pesquisados.

A pesquisa foi realizada no fim de janeiro e entrevistou 2.163 consumidores cadastrados no Painel Qualibest. Participaram homens e mulheres de todas as regiões do Brasil, com 18 anos ou mais e das classes A, B e C.
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